Tardive consapevolezze

Una strada sbeccata come coccio tagliente ti accoglie.

Voci scomposte, irriverenti, crudeli, intorno. Ti lasci sballottare, le ascolti, rispondi a tono, con un solo pensiero in testa: resistere.

Ma quanto manca una cucina calda, una carezza sul viso, una voce gentile, un sentire bambino che tra le gonne di una madre nasconde le sue paure e riceve in cambio abbracci e sicurezza.

Lo senti il rumore di un pugno sugli stipi della cucina e, poi, di un qualcosa che viene giù, un fracasso che arriva fino alla tua stanza, al tuo letto. Ti fai piccola, ti nascondi sotto le coperte. Pensi sia colpa tua.

Le senti le urla intorno a una tavola bandita a festa. È la vigilia di Natale. S’insinuano tra l’odore degli spaghetti con le acciughe e quello della minestrina di verdure e del baccalà al forno. Una piazzola ti attende, col suo silenzio, il suo buio, la puzza di benzina della pompa di fianco. La aspiri quella puzza, la preferisci al profumo degli spaghetti con le acciughe. Sa di pace. E la mezzanotte arriva anche sul piazzale. È ora di tornare a casa, con la testa sotto le coperte. È tua, soltanto tua, la colpa.

Sei stata cattiva, come sempre. Meriti le grida o l’indifferenza del silenzio, il battipanni sul sedere e sulle cosce, la bambola brutta che non volevi. Eppure, pensavi di aver fatto tutto bene. Hai imparato sempre tutto, hai divorato i tuoi libri, hai sognato su quelle pagine. Sei stata brava, pensavi. E, invece, no. Sempre tua è la colpa.

Meriti il collegio, ti dissero. Ti ci portarono pure per fartelo vedere, da lontano. Non era un collegio, era un vecchio carcere con le grate alle finestre, ma ti fecero credere che fosse un collegio e tu ci credesti e ancora, ancora una volta, pensasti che fosse tua la colpa dell’infelicità altrui.

Meriti di restare da sola, abbandonata da tutti, meriti il peggio dal mondo perché, del mondo, non sei all’altezza. Che frana, che sei! Anche adesso che sei cresciuta, sei cresciuta male. Così sopra le righe, parli a modo tuo, pensi a modo tuo, te ne freghi del giudizio degli altri, così scomposta, così irriverente, scostumata anche, beffarda, ridi, ridi, sì, che ti facciamo ridere noi… Goditela la tua strada sbeccata, i tuoi amici mezzi matti, tanto resterà sempre colpa tua. Chi credi di essere? Sei fatta male, ricordatelo, anche se, adesso, hai meno paura, anche se adesso hai tirato la testa fuori dalle coperte, anche se adesso pretendi la tua libertà, sempre fatta male resti.

È un caso, la vita. Per caso, uno spermatozoo vince la sua corsa e raggiunge un ovulo, felice vi s’insinua, felice genera. Un miscuglio di cellule già cresce quando ancora se ne ignora l’esistenza. Nessuno sceglie di nascere. Nessuno sceglie dove e da chi. Nessuno sceglie di essere in un modo piuttosto che un altro. Non lo hai scelto neanche tu. E se per gli altri sei fatta male, non è tua la colpa.

E giorni ci sono voluti, tanti da farne anni, e tanti sbagli e pianti dagli occhi asciutti e gambe tremanti e saliva amara inghiottita facendo finta di niente, per far dire alla tua voce roca da fumo di sigaretta che, forse, ad essere fatta male non sei tu.

Non è tua la colpa.

(già pubblicato su borderliber.it il 29 maggio 2022)

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Antonella Perrotta

Laureata in giurisprudenza, appassionata di Storia e di storie, letteratura, teatro, autrice di romanzi e racconti. Performer dei suoi testi, ama donare corpo alla parola scritta.
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