Perfezione della tecnica e libertà

L’Imperativo categorico per l’uomo contemporaneo si concentra nella possibilità di conciliare l’espansione del progresso scientifico con la cura della felicità, ovvero la presunzione di poter far coincidere la perfezione globale dell’impianto tecnico planetario con la salvezza della libertà dell’individuo. Tuttavia, la perfezione della tecnica è inconciliabile con la pienezza dell’umano, la logica della tecnica non è assimilabile alla felicità umana: l’una deve sacrificare l’altra.

La venerazione, quando non l’idolatria, del potente fascino emanato dagli apparati che realizzano la perfezione tecnica, è la tangibile e sconcertante testimonianza della quasi raggiunta somiglianza tra la perfezione del prodotto tecnico e la bellezza della vita organica: questa fenomenologia, unita all’esaltazione di colui che crea alla stregua di una divinità, è il fondamento di quel fascino emanato dall’artificiale cui l’uomo contemporaneo riesce difficilmente a sottrarsi.

Eppure, coloro che non hanno ancora perso la capacità di interpretare criticamente l’espressione della realtà e di mostrare la propria formazione estetica, sapranno implacabilmente riconoscere ciò che distingue la bellezza della vita organica dalla perfezione tecnica, in quanto la perfezione tecnica tende al calcolabile, mentre la pienezza della vita organica mira all’incalcolabile.

Esiste un inganno sotteso alla perfetta produzione tecnica, nel generare una bellezza che si vorrebbe assimilabile a quella della vita organica, ma che, invece, evoca soltanto l’orrore del calcolo ai fini della riproducibilità seriale. Identico inganno si nasconde dietro l’intenzione di assimilare la perfezione tecnica all’opera d’arte. Un terrificante esempio è costituito dall’opera d’arte digitale, ovvero NFT (“non fungible token”), un oggetto virtuale unico ed inimitabile nel suo genere, la cui caratteristica fondamentale è nella scissione tra l’acquisto materiale e l’acquisto del diritto di proprietà dell’opera d’arte: chi acquista un’opera legata ad un NFT non acquisisce l’opera in sé, ma la possibilità di dimostrare un diritto sull’opera.

Se dunque la tecnica ha già provocato una scissione di carattere giuridico riguardo all’opera d’arte – la fredda impronta della macchina ha impressionato i nostri sensi, provocando una netta sensazione di minaccia alla nostra integrità umana –, l’opera dell’uomo si fonde con gli strumenti a sua disposizione, costruendo l’illusione ingannevole che tutto il processo sia naturale o assimilabile alla bellezza piena della natura, affermandone quasi la necessità.

La perfezione della tecnica è dunque sovranità della tecnica. L’umanità è avvolta in una rete di pianificazione mondiale per cui è possibile ormai parlare di costruzione organica, poiché essa è simile ad un organismo, il cui terminale è l’uomo-prodotto che deve riempire il vuoto all’interno della cornice della tecnica: in questo senso la tecnica è impianto, Gestell come la definisce Heidegger. L’uomo-prodotto è un organismo tecnico che ha trovato il legittimo sovrano nella potenza della tecnica per la quale è stato creato, perdendo l’ultimo residuo di umanità, ovvero la sua imperfezione, la sua libertà.

L’imperfezione umana è ciò che contraddistingue la libertà, che dà forma al mondo; l’impianto tecnico planetario invece si caratterizza per essere un sistema incentrato sul sapere scientifico, che non annulla il senso di vuoto, nonostante le confortevoli rassicurazioni economiche e politico-amministrative. L’uomo contemporaneo non può, pertanto, rinunciare al comfort offerto dall’impianto della perfezione tecnica, ma il costo da pagare è la cessione di libertà, un defluire dello spirito a beneficio della costruzione organica della tecnica: l’emorragia di libera vitalità diventa perdita di potenza dell’individuo, cessione di status dell’essere umano che si concretizza nell’annullamento dell’esistenza.

Ecco perché l’annullamento dell’esistenza umana emerge con prepotenza in ambito artistico, perché l’arte, trasformata in prodotto della tecnica, segna l’irreversibile tramonto della libertà umana a favore della tecnica. La volontà, l’imperfezione, l’errore, spariscono per il sorgere del sole del perfetto ordine razionale che abbatte l’ultima metafisica umana, provocando sul piano storico l’esaurimento dell’arte, della poesia, della filosofia. Eppure, chi imbocca la strada, apparentemente senza uscita, della perfezione tecnica, ha ancora nel cuore la possibilità di una deviazione sulla via della felicità.

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Gianfrancesco Caputo

Nato a Brindisi nel 1966, funzionario statale. Ha ricoperto incarichi direttivi e cariche sindacali. È autore, si interessa a problemi del lavoro e politici (sia in chiave sociologica che filosofica).
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