Gli animali e l’allevamento: un’eterna Treblinka

Vari Autori (Isaac Bashevis Singer, Peter Singer, Adorno, Canetti, e altri) hanno paragonato l’attuale sistema di sfruttamento degli animali ai campi di concentramento nazisti.

Non sono forse i macelli, gli allevamenti intensivi e i laboratori di ricerca, così accuratamente nascosti alla nostra vista, le Auschwitz di oggi? Singer, scrittore ebreo che ha vissuto l’orrore dell’Olocausto, definisce “nazisti tutti quegli uomini che sfruttano o torturano gli altri animali”. Patterson nel libro “Un’eterna Treblinka” (1) analizza la radice comune dello sfruttamento umano e animale, attraverso lo studio delle somiglianze tra il modo in cui i nazisti trattavano le loro vittime e il modo in cui, nella società attuale, noi trattiamo gli animali. L’Olocausto si può ancora ripetere per il dispregio etico che l’uomo ha nei confronti dell’animale visto nella sua assoluta negatività.

Nella storia della cultura occidentale la costruzione dell’idea della dignità dell’uomo è stata fondata sulla ragione universalmente umana e sull’assolutezza dell’anima individuale, in opposizione all’irragionevolezza dell’animale che conduce una vita puramente istintuale.

Il suo sfruttamento è stato usato come “palestra” universale per organizzare e perpetrare anche lo sfruttamento umano. L’animale è biologicamente simile a noi, ma incomprensibilmente lontano da un punto di vista etico. E’ soltanto bio. Questa consapevolezza la ebbe anche Franz Stangl, il comandante di Treblinka il quale fuggì in Brasile dopo la guerra e, alla vista di un gruppo di mucche nel recinto di un macello, esclamò: “Ma guarda un po’, questo mi fa tornare in mente la Polonia; è proprio lo sguardo fiducioso che avevano quelle persone prima di entrare nelle scatolette (le camere a gas)”.

Negli ultimi venti anni varie organizzazioni animaliste hanno messo a confronto la situazione dell’olocausto con quella degli animali da allevamento. Questo legame tra i diritti degli animali e l’Olocausto è stato creato per la prima volta dai sopravvissuti nei campi di concentramento nazisti che hanno accostato le terribili immagini della prigionia al massacro di animali da allevamento (Gabrielle Fradin).

Isaac Bashevis Singer, premio Nobel per la letteratura (1978), fa dire al protagonista di The Letter Writer (1968): “In relazione agli animali, tutte le persone sono naziste; per gli animali, è un’eterna Treblinka.”

Probabilmente il primo uso dell’analogia viene dal giornalista tedesco Edgar Kupfer-Koberwitz sopravvissuto ai campi di concentramento. Nei suoi Diari di Dachau (1940) ricorda di aver sofferto così tanto all’interno del campo di concentramento da poter sentire la sofferenza di altre creature in virtù della sua. “Credo che finché l’uomo tortura e uccide gli animali, torturerà e ucciderà anche gli esseri umani - e le guerre saranno combattute - perché l’uccisione deve essere praticata e appresa su piccola scala.” (2)

Alex Hershaft, anche lui sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti, scrive: “Nel nostro tecnologico, ostentato ed edonistico stile di vita, tra gli splendidi monumenti della storia, dell’arte, della religione e del commercio, vi sono delle scatole nere. Sono i laboratori di ricerca biomedica, gli allevamenti intensivi e i mattatoi: campi di prigionia senza volto dove la società conduce i suoi sporchi affari di abuso e uccisione di innocenti esseri senzienti. Sono le nostre Dachau, Buchenwald e Birkenau. Come i bravi cittadini tedeschi, abbiamo un’idea chiara di cosa succede là, ma evitiamo ogni esame della realtà.” (3)

Alex Hershaft, un altro sopravvissuto nei campi di concentramento nazisti, ora un attivista vegano, ha paragonato il trattamento del bestiame all’ Olocausto.  “Ho notato con orrore le sorprendenti somiglianze tra ciò che i nazisti hanno fatto alla mia famiglia e al mio popolo, e ciò che facciamo agli animali che alleviamo per il cibo: il marchio o il tatuaggio di numeri di serie per identificare le vittime, l’uso di carri bestiame per trasportare le vittime alla loro morte, l’alloggio affollato delle vittime in casse di legno, la designazione arbitraria di chi vive e chi muore - il cristiano vive, l’ebreo muore; il cane vive, il maiale muore.” (4)

Secondo Karen il confronto tra gli orrori dell’Olocausto e il trattamento degli animali da parte della società contemporanea, possono aumentarne la presa di coscienza dal momento che la popolazione generale trova “difficile persino considerare la macellazione degli animali come una forma di violenza.”

Steven Best a sua volta sostiene che l’uso di una frase come “olocausto animale” può aiutare a comprendere che la violenza inflitta dagli esseri umani agli animali assomiglia “alle linee di produzione meccanizzate dei campi di concentramento,” in cui gli animali sono “costretti a produrre quantità massime di latte, di carne e uova, un’intensa coercizione che avviene attraverso il confinamento fisico ma anche ora attraverso la manipolazione chimica e genetica. Come tipico nei composti nazisti, questo lavoro forzato e intensivo termina con la morte.” (5) E se non avessimo accettato il trasporto disumano di animali ai macelli, non avremmo neppure accettato il trasporto di esseri umani nei campi di concentramento. (Marguerite Yourcenar)

“Cancellando il confine tra animali ed esseri umani, molte pratiche naziste resero l’omicidio degli uomini simile all’uccisione degli animali. I nazisti costringevano le persone che stavano per uccidere a spogliarsi completamente e a raggrupparsi, un comportamento inconsueto per gli uomini. La nudità suggeriva un’identificazione con gli animali, mentre il raggruppamento ricordava una mandria o un gregge.” (6)

Per gli animali la vita è una eterna Treblinka “e oggi più che mai dobbiamo ricordarlo al mondo intero, gridarlo finché abbiamo voce, combattere per fermare lo sterminio di esseri viventi che trattiamo come schiavi in nome di uno specismo frutto di delirio etnocentrista.” (Patterson)

Esiste una interdipendenza fra la sofferenza degli animali e la guerra, come ha affermato il Vescovo-teosofo G.R. Arundale: “Ogni volta che vedo una tavola da pranzo con sopra carne e pesce, so di guardare ad uno dei semi della guerra e dell’odio - un seme che si svilupperà in una malerba di atrocità.  Ogni volta che leggo di partite di caccia, so che sto leggendo di un seme della guerra e dell’odio. Ogni volta che leggo o sento di vivisezioni, so che altri semi di guerra e di odio sono stati seminati, e le future generazioni raccoglieranno guerra e odio.  Ogni volta che leggo e vedo crudeltà verso gli animali, so che un’altra guerra è vicina.” (7)

Il Buddha, nel Dhammapada, afferma che “mangiare la carne spegne il seme della grande compassione... perché poi l’animale nella morte prova dolore e tormento.” La regola fatta dal Buddha per i monaci prescriveva di non condividere nessuna carne dell’animale ucciso appositamente per loro: “non dovete mai fruire di pesce e carne proveniente da animali uccisi appositamente per voi.”  In “Anguttara nikaya” troviamo un canto d’ amore del Budda verso tutti gli animali con l’augurio che “possano tutte le creature, tutti gli esseri viventi, tutti avere una buona sorte. Possano non avere nessun male.” (8)

L’alimentazione degli eschimesi si basa soprattutto sulla carne degli animali e ciò suscita in loro particolare apprensione e timore. Dicono gli Inuit della Groenlandia: “La vita è esposta ad un grande pericolo, perché la nutrizione umana è basata sul consumo di anime.”

E Gibran nel Profeta scrive: “Vorrei che poteste vivere del profumo della terra, alimentati come una pianta dalla luce. Ma poiché dovete uccidere per mangiare, e derubare il nuovo nato del latte di sua madre per calmare la sete, fate che questo sia un atto di adorazione.” (9)

Quando l’uomo uccide gli animali per la propria sopravvivenza va contro la legge di armonia e di amore che regge l’universo. Non solo non rispetta il diritto alla vita di tutti gli esseri animati, ma non orienta il proprio animo verso la nonviolenza per non provocare sofferenza. “Cambiare la propria dieta significa cambiare anche il proprio modo di vivere, le proprie percezioni, la propria sensibilità, poiché la qualità di ciò che ingeriamo condiziona tutto il nostro essere.” (10)

Note

1. Charles Patterson, Un’eterna Treblinka. Il massacro degli animali e l’Olocausto, Editori Riuniti, 2017

2. Kupfer-Koberwitz, Edgar, Animali fratelli miei, peaceCENTERbooks

3.Alex Hershaft Estratto da Wikiquote. Ultimo aggiornamento 29 Gennaio 2022. https://le-citazioni.it/frasi/1545478-alex-hershaft-nel-nostro-tecnologico-ostentato-ed-edonistico-st/

4. Alex Hershaft, Moment Magazine, URL consultato il 24 gennaio 2022

5. Yourcenar, Marguerite, Une politique pour demain, Bibliothèque virtuelle des droits des animaux. Archiviato dall’originale il 18 maggio 2015

6. Boria Sax, Gli animali e il nazismo, Le Monnier, Firenze, 2019, p. 174

7. BdB – “La Dimensione Umana” – ed. 1971 pag. 293-294; ed. 1986 pag. 218; ed. 2006 pag. 266-267, http://www.teosofia-bernardino-del-boca.it/

8. ANGUTTARA NIKAYA Raccolta dei discorsi [il cui numero è] in progressione. Traduzione in Inglese dalla versione Pali di Thanissaro Bhikkhu. Copyright © 1997 The Book of the Gradual sayings,Vol. I Lancaster, Pali Text Society. Traduzione a cura di Enzo Alfan

9. Gibran, Il profeta, Edizioni Acrobat, p. 10, ttps://www.mindfulness.palermo.it/PDFS/Gibran-Kahlil-Gibran-Il-Profeta.pdf

10. Patrizia Calvi Moschin, La compassione verso i regni della Natura, Rivista Italiana di Teosofia n. 7/2008

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Giuseppe Scarane

È filosofo, pedagogista e autore. Di recente ha pubblicato "Eterno, come l'amore", "Pier Paolo Pasolini: una frontiera di libertà" e "L'uomo dopo il postmoderno. Il cambiamento del reale".
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