Catastrofe tecnica e mobilitazione totale

Davanti alla presunta onnipotenza della tecnica, oggi più che mai, è d’obbligo una riflessione sulla necessità della libertà possibile, limitata dalla mobilitazione totale della produzione e del capitale. L’affondamento del Titanic è la giusta metafora che si identifica con la conoscenza di marca occidentale, che definisce la quotidiana accelerazione in movimento della nostra vita, scandita dai tempi di produzione e consumo.

Il naufragio del Titanic rappresenta simbolicamente la catastrofe tecnica, ovvero l’incidente in conseguenza dello scatenamento delle incontrollabili forze elementari che si beffano dei previsti ma inutili automatismi di sicurezza, i quali non garantiscono la salvezza. Dunque, la catastrofe tecnica genera paura e l’uomo contemporaneo cede la propria sovranità decisionale in cambio di maggiore sicurezza tecnica, anziché chiedere una liberazione da essa.

Questa volontà radicale, di abbandonarsi all’apparato tecnico, induce l’uomo contemporaneo a perdere il proprio senso di responsabilità e di libertà, tanto da operare una vera e propria trasmutazione antropologica al punto tale da stravolgere il profondo della propria anima. La sovrana libertà decisionale, nonché la forza dell’immaginazione, sono devolute a favore di un rafforzamento di strutture collettive che si impongono come un complessivo sistema di sicurezza.

In questa fase, l’organizzazione politica si impone come sistema di sicurezza che limita la libertà individuale, l’apparato di produzione organizzato su scala planetaria cresce simbioticamente sulle strutture statuali, svuotandole di senso politico e utilizzandole quali strutture del sistema di sicurezza globale, attraverso la cessione di libertà da parte degli individui. Il disvelamento dei fini della tecnica, l’organizzazione di una rete globale della finanza, dei commerci e dell’informazione, la disciplina del traffico e dei trasporti, ma anche del tempo libero, dispiegano i loro effetti indifferentemente nella democrazia capitalistica, nel socialismo realizzato, nelle dittature.

La mobilitazione totale della produzione e del capitale agisce con modalità imperiali, senza che alcun centro politico sia in grado di contrastare la progressiva acquisizione di popoli e territori. Il sistema democratico si rivela come la maniera più adatta a tale movimento imperialistico, in quanto è l’organizzazione più malleabile nei confronti della mobilitazione totale, in grado di servirsi della struttura politica fino a renderla superflua. È nella globalizzazione della democrazia che l’uomo contemporaneo è pronto a sottomettersi volontariamente nel sistema di ordine e di sicurezza disponibile, senza che questa scelta sia sentita come una “capitis deminutio” della propria libertà, poiché partecipare al sistema di sicurezza significa avere l’unica possibilità per condurre una vita libera perché sicura.

La normalizzazione individuale e collettiva cui si sottopone volontariamente l’uomo contemporaneo è stata sottolineata da Martin Heidegger: “Poiché la realtà consiste nell’uniformità del calcolo pianificabile, anche l’uomo deve necessariamente rientrare nell’uniformità per mantenersi al livello del reale. Un uomo senza uni-forme oggi fa già l’impressione dell’irreale, di qualcosa che non c’entra più” (M. Heidegger, Oltrepassamento della metafisica); è dunque comprensibile come il sistema democratico planetario finisca per imporsi come “soglia di realtà”, come pensiero unico o politicamente corretto, fino al punto di essere inteso come un ordine naturale, come se non ci fosse una differenza tra l’apparato dell’ordine e della sicurezza e la libertà del singolo.

Il legame tra razionalismo tecnico e paura appare come il carattere archetipico dell’affondamento del Titanic, quale simbolo della situazione in cui si trova l’uomo contemporaneo, egli infatti collabora alla realizzazione del titanico progetto di produzione e in questa funzione non è libero ma è sicuro, in quanto è sicuro di essere all’interno dei limiti di ciò che è reale, ovvero partecipando al funzionamento del sistema di sicurezza, quale volontario fruitore di comfort che deriva dalla collaborazione alla titanica costruzione dell’apparato di produzione e, in quanto tale, sempre esposto ad un pericolo non governabile: “Ogni comodità ha il suo prezzo. La condizione dell’animale domestico si porta dietro quella della bestia da macello” (E. Junger, Il Trattato del ribelle, Adelphi).

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Gianfrancesco Caputo

Nato a Brindisi nel 1966, funzionario statale. Ha ricoperto incarichi direttivi e cariche sindacali. È autore, si interessa a problemi del lavoro e politici (sia in chiave sociologica che filosofica).
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